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LA CHIAVETTA DEL LUCIDO DA SCARPE

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  Blog : "L'Italia che mi piace ricordare" I giovanissimi non hanno la più pallida idea di cosa io stia parlando: quando ero piccola (anni '50), c'era l'abitudine di lucidare le scarpe tutte le sere. Le scarpe erano rigorosamente di cuoio o pellame. Quando stavamo per uscire le mamme ci urlavano: "Ti sei lucidata le scarpe?". Avere le scarpe lucide era "per bene", avere le scarpe impolverate era "una vergogna". Il lucido da scarpe veniva prodotto in scatolette metalliche rotonde con il coperchio. Il coperchietto era difficilissimo da aprire e ci si sporcava sempre le dita con il lucido Un signore di cui nessuno ricorda il nome, inventò il piccolo pezzo di metallo a forma di farfalla, da fissare con un perno alla parte inferiore della scatola; facendo ruotare il pezzo di metallo, questo spinge verso l'alto il coperchio, aprendo la scatola con realtiva facilità. Si diceva che fosse diventato milionario con questa semp...

IL CASCO PER CAPELLI DELL' ASPIRAPOLVERE FOLLETTO

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Blog: "L'Italia che mi piace ricordare" Forse voi non ci credete, ma quando ero alle elementari (anni sessanta), avere in casa il foon era un lusso inimmaginabile . Anche avere l'aspirapolvere era un lusso, però considerato utile. Allora, la fabbrica della Folletto, cosa si era inventata? Fra gli accessori dell'aspirapolvere aveva inserito una cosa che andava a ruba fra le signore .... un casco per fare la piega in casa!!!! Funzionava in un modo geniale: bisognava togliere il motore dall'aspirapolvere, al posto della scopa si inseriva una base che reggeva e teneva fermo il motore, al posto del sacchetto della polvere si inseriva l'aggeggio che vedete nella foto: un casco di tessuto plastico. Il motore, una volta acceso, mandava nel casco aria calda pulita (perché non raccoglieva polvere dal pavimento). La signora con i suoi bravi bigodini, si infilava il casco sulla testa ed accendeva il motore. A parte il rumore insopportabile, funzionava bene ed a...

LE CHIAVETTE APRISCATOLE

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Blog: -"L'Italia che mi piace ricordare"                                      Negli anni 50, subito dopo la seconda guerra mondiale, le nostre mamme facevano un grande uso di cibo in scatola, secondo la moda americana. Ovviamente erano scatolette di metallo che si arrugginiva in fretta, strapiene di nichel; non esistevano date di scadenza , per sapere se il contenuto era ancora commestibile , le mamme annusavano e guardavano che non ci fosse troppa ruggine all'interno. Aprire le scatolette era una faccenda seria: a parte la forza bruta, le mamme ci insegnavano ad usare le chiavette. Anche così occorreva una grande forza nelle dita e le bambine come me non ne avevano a sufficienza, avessi dovuto aprirle da sola sarei morta di fame. Nella prima foto vedete quella che serviva ad aprire scatole...

ARRICCIACAPELLI

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Blog: "L'Italia che mi piace ricordare"   Si trattava di una specie di forbice di ferro, ma non tagliava. La parte più corta serviva ad arricciare i capelli, quella più lunga era l'impugnatura. Questo ferro veniva appoggiato con la punta sulla fiamma del gas, perche andava usato molto caldo. Per non bruciarsi le mani, bisognava impugnarlo con uno straccio. Per non bruciare i capelli, la ciocca che andava arricciata, veniva prima avvolta in un pezzo di carta (per i ricchi carta velina, per i poveri carta di giornale). Ricapitoliamo, mentre il ferro si scaldava sulla fiamma, bisognava scegliere una ciocca di capelli, pettinarla bella piatta, piegarle attorno un pezzo di carta, poi si arrotolava sul ferro daldo e si stringeva fino a quando la carta cominciava a diventare un po' gialla,  poi si toglieva il ferro, si aspettava che la carta ed i capelli diventassero freddi e poi si toglieva la carta. Che il riccio diventasse più stretto o più morbido dipendeva d...

IL FERRO DA STIRO

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Blog: "L'Italia che mi piace ricordare" Quando ero piccola (tra il 1954 ed il 1960), mia madre stirava con il ferro della foto in basso. Nelle case di campagna o nelle case molto povere ci si scaldava con la stufa ed il ferro veniva arroventato mettendolo sulla stufa. A casa mia c'era il riscaldamento a carbone, ma i termosifoni non erano sufficienti a scaldare il ferro, che così veniva posto sopra il gas, come se fosse una pentola. Per capire se il ferro era abbastanza caldo per stirare, mia madre si inumidiva un dito con la saliva e poi sfiorava il ferro: se si sentiva "chsss" voleva dire che il ferro era pronto ( o il dito cotto ). Ovviamente si stirava con due ferri: uno stava a scaldarsi, quando posavi sul gas quello diventato freddo, prendevi quello caldo. Nel 1960, mia madre, con molti risparmi e sacrifici, perché costava caro, comprò il ferro elettrico della foto in alto. Non si spegnava da solo quando era caldo, perché non avevano ancora ...

LA SEICENTO CON LE PORTE CONTROVENTO

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Blog: "L'Italia che mi piace ricordare".   Mio padre la comprò di seconda mano più o meno nel 1960/1961, quando frequentavo le elementari. Nella testa dei miei genitori doveva servire ad andare a lavorare oppure a fare la spesa? Assolutamente no. Serviva per spostarsi alla domenica dalla grande città ad una rottamatissima cascina di campagna. Il muso e la forma della macchinetta mi furono subito simpatici, tanto che diventata adulta ho per decenni utilizzato la micra bianca, che assomigliava alla seicento di mio padre. La simpatia si manifestò subito, quando "battezzai" la seicento con il nome di Cesarina . Subito diventò "Cesarina" anche per i miei e più nessuno la chiamò "la macchina": "Dove hai posteggiato Cesarina?", "Vai a prendere Cesarina?", "Cesarina si è guastata", ecc.  Io avevo problemi gravi di salute e camminare a piedi era per me molto faticoso; salivo volentieri a bordo di Cesarina. ...

IL MACINA CARNE

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Blog: "L'Italia che mi piace ricordare"   Eccolo, il famoso "macina carne": di metallo grigio, forse ghisa, si bloccava al tavolo della cucina con una morsa. Aveva dei dischetti da inserire davanti, con buchi di differente grandezza: più grandi alla prima macinata, più piccoli al secondo o terzo passaggio. La manovella con l'impugnatura di legno faceva girare un lungo perno ad elica, che prendeva la carne dall'apertura ad imbuto, la schiacciava nelle pareti dell'attrezzo e la spingeva con forza attraverso i buchi dei dischetti tritandola. Ovviamente la carne andava inserita a piccoli pezzi nell'apertura superiore. Girare la manovella era faticosissimo ... roba da Rambo ... Mia madre tritava carne cotta o cruda due o tre volte alla settimana. Ora vi domanderete: "Ma le vostre mamme, non potevano far tritare la carne dal macellaio?" Certamente si. Quando ero piccola (negli anni 50) i macellai tritavano la carne a coltello, la...